IL SEGRETO PROFESSIONALE DEL MEDICO

Nozione di segreto

Il segreto in senso letterale è ciò che deve essere tenuto nascosto; in senso giuridico è ogni fatto che, per disposizione di legge o per decisione di una volontà giuridicamente autorizzata è destinato a rimanere nascosto a qualsiasi persona diversa dal legittimo depositario (Corte di Cassazione n. 2393 Sez. III^ del 10/1/67).

La consegna del segreto costituisce da sempre un aspetto della fisionomia del medico che ha l'opportunità di apprendere, vedere o semplicemente intuire aspetti della sfera più intima del paziente o dei suoi familiari, non solo per rispetto dell'altrui privacy, ma anche per garantire l'esercizio di una attività medica libera da sospetti o riserve.

Norme deontologiche

L'obbligo del segreto era previsto fin dal giuramento di Ippocrate e si è tramandato nel tempo fino alle vigenti rigorose norme deontologiche:

art. 13 - Il medico deve serbare il segreto su tutto ciò che gli è stato confidato o che avrà potuto conoscere per ragioni del proprio stato. La rivelazione fatta a scopo di lucro, proprio o altrui, oppure con il fine specifico di arrecare nocumento costituisce aggravante. La rivelazione del segreto è consentita:

a) se imposta dalla legge (referti, denunce e certificazioni obbligatorie);

b) se autorizzata dall'interessato una volta edotto sulla opportunità o meno della rivelazione stessa;

c) se richiesta dai legali rappresentanti del minore o dell'incapace nell'interesse degli stessi.

Salvo che per i casi previsti dal punto a) spetta comunque al medico la valutazione sull'opportunità della deroga.

La morte del paziente non esime il medico dal dovere del segreto.

Il medico non renderà al Giudice testimonianza su ciò che a lui è stato confidato o è pervenuto a sua conoscenza per ragioni dipendenti dalla sua professione.

art. 14 - Il medico deve informare i suoi collaboratori dell'obbligo del segreto professionale e deve vigilare che vi si conformino.

art. 15 - Nella certificazione, nella redazione delle denunce obbligatorie, nella compilazione delle cartelle cliniche e di ogni altra documentazione sanitaria, il medico è tenuto alla massima diligenza, alla più responsabile cura, alla più attenta e scientificamente corretta registrazione dei dati ed alla più responsabile formulazione dei giudizi.

art. 16 - Il medico deve vigilare sulla conservazione, contro ogni indiscrezione, delle cartelle personali e dei documenti riguardanti i pazienti.

Quando utilizza in pubblicazioni scientifiche, dati clinici e osservazioni relativi ai singoli pazienti, deve fare in modo che non sia possibile la loro identificazione fatto salvo il consapevole consenso del paziente.

Analogamente, non deve diffondere notizie, attraverso la stampa o ogni altro mezzo di informazione, che consentano o possano consentire l'identificazione del soggetto cui si riferiscono. Nei casi particolari in cui è richiesta la redazione di bollettini medici, il medico dovrà usare la massima prudenza e discrezione nell'interesse del malato.

art. 17 - Nei rapporti fra Enti che svolgono attività sanitarie, la compilazione e la trasmissione di atti che contengano l'indicazione di dati relativi ai singoli pazienti, potrà avvenire solo sulla base di una trasmissione di ufficio del segreto professionale e nel rispetto dei disposti di legge che regolamentano la materia.

Il medico non può collaborare alla costituzione di banche elettroniche di dati sanitari che possono compromettere il diritto del paziente alla riservatezza, alla sicurezza ed alla protezione della sua vita privata.

art. 18 - Il medico, richiesto di rilasciare un certificato deve limitarsi ad attestare dati obiettivi di competenza tecnica che abbia direttamente constatato in totale aderenza alla realtà.

Norme penali

Al segreto professionale anche il c.p. dedica specifiche disposizioni:

art. 326 - (Rivelazione di segreti di ufficio). Il pubblico ufficiale (357), o la persona incaricata di un pubblico servizio (358), che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbono rimanere segrete (201 c.p.p.), o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l'agevolazione è soltanto colposa (43), si applica la reclusione fino a un anno...

art. 622 - (Rivelazione di segreto professionale). Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino ad un anno o con la multa da £ sessantamila a un milione. Il delitto è punibile a querela della persona offesa (120 c.p., 336 c.p.p.).

Una particolare disposizione che ribadisce in modo ancora più rigoroso l'obbligo del medico al segreto è contenuto nell'art. 21 della legge 22 maggio 1978 n. 194 sulle interruzioni di gravidanza: chiunque, fuori dei casi previsti dall'art. 326 c.p., essendone venuto a conoscenza per ragioni di professione o di ufficio, rivela l'identità - o comunque divulga notizie idonee a rivelarla - di chi ha fatto ricorso alle procedure o agli interventi previsti dalla legge, è punito a norma dell'art. 622 del c.p.

Analogo obbligo incombe ai componenti dei centri medici e di assistenza sociale, di cui all'art. 92 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, nei confronti dei tossicodipendenti da loro assistiti.

A sua volta il c.p.p. esonera espressamente i medici ed ogni altro esercente una professione sanitaria dall'obbligo di testimoniare:

art. 200 - Segreto professionale.

1. Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria:

a) i ministri di confessioni religiose (8 Cost.) i cui statuti non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano;

b) gli avvocati, i procuratori legali, i consulenti tecnici ed i notai;

c) i medici ed i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria;

d) gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre, determinata dal segreto professionale.

2. Il giudice, se ha motivo di dubitare che la dichiarazione rese da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari. Se risulta infondata ordina che il testimone deponga.

3. Le disposizioni previste dai commi 1 e 2 si applicano ai giornalisti professionisti iscritti nell'albo professionale, relativamente ai nomi delle persone dalle quali i medesimi hanno avuto notizie di carattere fiduciario nell'esercizio della loro professione. Tuttavia se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l'identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni.

Obblighi di comportamento e condizioni di punibilità del medico

La comparazione fra l'art. 622 del c.p. e gli artt. 13, 14, 16, 17 e 18 del Codice deontologico aiuta a capire quale deve essere il comportamento del medico.

Sotto il profilo penalistico, per dichiarare il medico punibile, occorre che sussistano tutte queste condizioni:

-che abbia rivelato un segreto appreso in ragione della professione;

-che lo abbia rivelato senza giusta causa, ovvero a proprio o altrui profitto;

-che la rivelazione possa provocare un nocumento al paziente.

Secondo la norma penale non vi è quindi l'obbligo del riserbo per fatti già notori o comunque conosciuti o conoscibili, viceversa il codice deontologico impone di non rilevare "tutto ciò che gli è stato confidato o che avrà potuto conoscere", per entrambi si rende necessario il rapporto tecnico che lega l'apprendimento di un fatto con l'esercizio della professione.

La rilevazione senza giusta causa può avvenire comunicando il segreto a persona estranea senza trovare giustificazione in una norma di diritto (referto, denuncia e certificazione obbligatoria).

La violazione del segreto richiede il dolo (la colpa non è sufficiente a costituire questo delitto) che consiste nella volontà di rivelare il segreto o di impiegarlo a proprio o altrui profitto, con la consapevolezza di agire senza giusta causa. non occorre neppure che il nocumento abbia ad avverarsi, è sufficiente che dalla rivelazione sorga il pericolo anche remoto di un danno ingiusto, materiale o morale, per il titolare del segreto.

La sentenza n. 1723 della Corte di Cassazione Sez. II del 15/12/61 ha fissato in tutta chiarezza la necessità del danno ingiusto assolvendo un medico che con la sua rivelazione impedì ad un suo assistito di ricevere un indennizzo illecito, non mancando però di ritenere professionalmente scorretto il comportamento del medico.

Per il Codice deontologico la violazione del segreto sussiste indipendentemente dal proprio profitto o dall'altrui danno; non occorre neppure che il danno provocato sia ingiusto; ogni danno che derivi al paziente dalla violazione del segreto costituisce un'aggravante ed in questo si avvicina molto a quanto previsto dal c.p. per la rilevazione di un segreto d'ufficio da parte di un pubblico ufficiale o di persona incaricata di un pubblico servizio.

La norma prevede infatti tre possibili fattispecie:

1) rivelazione colposa generica;

2) rivelazione colposa specifica o dolosa comune;

3) rivelazione dolosa per profitto patrimoniale, non patrimoniale o per cagionare ad altri un danno ingiusto.

Le giuste cause di rivelazione

Si distinguono in legali e sociali.

1. Cause legali - Derivano dal diritto positivo e sono costituite da norme imperative, scriminative e permissive.

Le norme imperative obbligano a rendere noto il segreto in forza di una disposizione di legge che impone al medico il dovere di informativa mediante le denunce, i referti, i rapporti, le relazioni e le certificazioni; oppure richiedono al medico di riferire su fatti riscontrati in occasione di perizie, consulenze tecniche, arbitrati o visite fiscali.

Le norme scriminative escludono la punibilità perchè eliminano l'antigiuridicità del fatto o fanno venir meno la colpevolezza dell'autore della rivelazione. Non è perseguibile penalmente il sanitario che ha reso noto il segreto col consenso del titolare (art. 50 c.p.); quando ricorre il caso fortuito o la forza maggiore (art. 45 c.p.); quando il medico è stato costretto con la violenza (art. 46 c.p.), cadendo in errore (art. 47 c.p.), tratto in inganno (art. 48 c.p.), per uno stato di necessità (art. 54 c.p.) o per difendere la propria reputazione professionale (art. 52 c.p.).

Le norme permissive si riferiscono alla facoltà riconosciuta al medico di astenersi dal testimoniare su fatti coperti dal segreto professionale (art. 351 c.p.p.), tanto nei processi penali quanto nelle cause civili. L'astenersi dalla testimonianza costituisce un diritto non un obbligo del sanitario, il quale è pertanto libero di decidere se rendere o non rendere la deposizione, valutandone l'opportunità secondo le circostanze e assumendone la responsabilità. L'Autorità può a sua volta imporre con ordinanza la deposizione del medico, ma a parte ciò, la regola deontologica espressamente richiamata nell'art. 13 è quella di non deporre mai su argomenti coperti dal segreto professionale.

2. Cause sociali - Pur non essendoci una norma precisa in merito, sarebbe giustificabile il medico che si sottrae all'obbligo del segreto spinto da pulsioni etico-sociali; si fa per questo l'esempio della segnalazione di una malattia di un addetto a pubblici servizi che mette in pericolo l'incolumità di molte persone o la rilevazione fatta allo scopo di salvare un terzo innocente da una condanna ingiusta.

La trasmissione del segreto

La medicina moderna richiede il lavoro di équipe, la medicina sociale presuppone la conoscenza dello stato psico-fisico del soggetto per erogare prestazioni di carattere sanitario o previdenziale. La trasmissione avviene normalmente tra colleghi negli ospedali e nei poliambulatori e riguarda pure le notizie che il docente riferisce agli studenti a lezione. Questi aspetti sono regolamentati dagli artt. 17, 30, 73, 79 del Codice deontologico ed in ogni caso la trasmissione del segreto deve tener conto sia dell'interesse del malato che del suo consenso, ma quest'ultimo è ritenuto implicito con l'accettazione delle prestazioni della medicina sociale.

L'obbligo del segreto vige non solo per il medico ed i suoi collaboratori, ma anche per le persone a lui vicine (moglie, domestici, figli); è comunque dovere del medico vigilare sia sul comportamento di queste persone sia sulla conservazione dei documenti clinici affinchè non si verifichi una diffusione colposa di notizie cliniche.